Samuele Cornalba racconta ”Bagai”: un incontro tra realtà e immaginazione

di Gilda Agosti, Elena Giannelli, Matias Di Giacomo, Eleonora Malatesta, Federico Pellegrini e Chiara Torazza, 2B

Grazie al progetto “Leggo e incontro l’autore”, la nostra classe ha avuto l’opportunità di incontrare dal vivo Samuele Cornalba, giovane scrittore esordiente, che ha da poco pubblicato  il suo primo libro intitolato “Bagai”.

Il titolo, che in dialetto cremonese significa “ragazzi”, assume una doppia valenza: si riferisce ad Elia, il protagonista del racconto, che si trova in una fase di passaggio cruciale, l’ultimo anno di liceo, ma rappresenta anche in modo più ampio un’intera generazione di ragazzi di provincia.

Le vicende narrate sono ambientate a Pandino, un paese di novemila abitanti in provincia di Cremona, che è anche luogo natale dell’autore. Cornalba descrive questo contesto in modo autentico e personale, restituendo un ritratto riconoscibile della quotidianità in una realtà di provincia.

Prima ancora di iniziare a scrivere il racconto e di dare forma ai personaggi, Cornalba sapeva che avrebbe voluto trattare il tema dell’indifferenza. Questo si riflette soprattutto nel protagonista, Elia,che appare apatico e distante agli occhi degli altri e che, allo stesso tempo, si percepisce estraneo al mondo che lo circonda. Elia vive in uno stato di disorientamento: pur essendo all’ultimo anno di scuola superiore, non ha ancora idea di cosa voglia fare nel futuro.Attraverso di lui, l’autore mette in scena le incertezze e le paure che affliggono la sua generazione.

Elia si sente come bloccato in un “quasi”: è come se qualcosa gli mancasse per riuscire a entrare davvero in connessione con gli altri e provare empatia. La sua difficoltà a esprimersi e ad aprirsi è anche legata al dolore per la perdita della madre, un evento che ha segnato profondamente la sua crescita.

Il rapporto con il padre è complesso: lui e il figlio fanno fatica a condividere il profondo dolore che provano  e questo contribuisce ad alimentare quel senso di vuoto che Elia si porta dentro. Dopo la morte della madre, infatti, si trasferisce per un periodo a casa della zia, segno del legame fragile con il genitore rimasto.

Accanto a Elia ci sono altri personaggi significativi, come Camilla, una ragazza vivace ed espansiva, che affronta la vita con più entusiasmo e fiducia. Il suo incontro con Elia rappresenta un punto di svolta: attraverso di lei, lui inizia a mettere in discussione il proprio atteggiamento e ad aprirsi, anche se con fatica, a un cambiamento. Camilla incarna una possibilità diversa di vivere l’adolescenza, più propositiva e meno chiusa in se stessa, e il suo impatto su Elia è fondamentale per il percorso del protagonista.

Durante l’incontro, Samuele Cornalba si è mostrato molto disponibile e aperto al dialogo, rispondendo con sincerità e attenzione alle nostre domande. È stato interessante potersi  confrontare con un autore così giovane, con cui abbiamo sentito un immediata vicinanza, sia per età che per tematiche affrontate nel libro.

Questo incontro ci ha permesso di avvicinarci alla lettura contemporanea in modo più diretto e coinvolgente e per alcuni di noi è stato anche un’occasione per riflettere sul proprio futuro e sul valore della scrittura come forma di espressione personale.

 

Il Labirinto di Creta e i miti del Mediterraneo

“Il racconto del Labirinto” di Giorgio Ieranò 

Di Chiara Bottino e Alice Moretti 3B

Un intreccio inestricabile di miti, un intero mondo di eroi e di divinità che ruotano intorno al mistero del Labirinto viene esplorato dal professor Giorgio Ieranò nel suo ultimo libro.

Venerdì 21 Marzo lo scrittore è venuto al Liceo Classico D’oria a commentare “Il racconto del labirinto” e ha risposto ai quesiti posti dagli studenti che ne hanno affrontato la lettura.

Giorgio Ieranò attualmente insegna letteratura greca all’Università di Trento dove ha fondato e dirige Dionysos, un laboratorio di ricerca sul teatro antico. Ha lavorato a molte traduzioni e adattamenti teatrali di classici e ha collaborato per anni con il Teatro della Tosse di Genova. È membro del consiglio artistico del Teatro pubblico ligure per il quale ha scritto anche il testo teatrale “Il grande racconto del labirinto”, spettacolo da cui nasce l’idea per il libro. In passato ha lavorato per diversi periodici e quotidiani nazionali.

Durante l’incontro parla poco della sua vita, ma grazie a un paio di domande capiamo molto. Quando chiediamo come è nato il suo interesse per il mito, ci racconta che i miti che il fratello, studente al liceo classico, ripassava ad alta voce avevano sostituito le favole che solitamente vengono raccontate ai bambini, per cui, fin da piccolo, sapeva molte più cose di Ulisse che di Cappuccetto Rosso.

La sue esperienza di ragazzino, ci confida, non è stata sempre semplice: era minuto e timido, in alcune occasioni anche bullizzato e deriso dai compagni più corpulenti e apparentemente sicuri di sé. I miti in quei momenti lo hanno divertito, aiutato ad evadere, ma anche a sperare ad una forma di riscatto: un giorno, se non con la forza, certamente con l’intelligenza e l’astuzia, come Ulisse avrebbe potuto sconfiggere gli arroganti, grandi e grossi come Polifemo.

Il professore continua spiegandoci di aver voluto intraprendere questo viaggio nel mito del Labirinto perché per lui ha avuto un effetto ipnotico e travolgente; su di lui ha esercitato un grande fascino la figura di Teseo: sconsiderato, impulsivo e folle, l’eroe si dimostra coraggioso nell’affrontare il Minotauro, ”smemorato” nel non mantenere la promessa fatta al padre Egeo di cambiare le vele in caso di vittoria, sbadato ( o traditore?) nel ” dimenticare” Arianna a Nasso, volubile nell’innamorarsi della sorella di quest’ultima, Fedra, e persino di divinità come Persefone.

“Il viaggio del Labirinto è stato talvolta interpretato anche come una discesa nei misteri della propria mente, una catabasi nell’oscurità dell’inconscio”. In una visione metaforica del mito si può considerare il Labirinto come uno specchio dell’anima e Teseo come l’eroe che accetta il rischio di addentrarsi nei meandri del proprio inconscio per uccidere i mostri creati dalle sue profondità .

Un filo invisibile che parte dall’isola di Creta collega tutte le vicende dei diversi protagonisti che, a modo loro, hanno vissuto un’avventura e possono narrarne solo un frammento che però fa parte di un disegno più grande componendo un puzzle di storie che ci porta in una realtà antica e leggendaria come quella del Mediterraneo, palcoscenico nel quale si fondono mito e storia. In questo contesto, Creta, con la sua posizione strategica emerge come un luogo che ospiterà la nascita di Zeus, il mito di Europa, in cui l’unione di Zeus ed Europa darà vita a Minosse e infine all’intricato mito del Labirinto.

Come l’evoluzione “ci ha reso esseri con una morale”: il Darwin Day 2025 al Liceo D’Oria

di Benedetta Lorenzon e Ginevra Venturi, 4D

Il 12 Febbraio 2025 presso il Liceo Classico Andrea D’Oria si è tenuta una conferenza in occasione del Darwin Day. Ma che cos’è il Darwin Day? Si tratta di un giorno dedicato al ricordo dello scienziato Charles Darwin, nato proprio il 12 febbraio del 1809, e delle sue incredibili scoperte in merito all’evoluzione della specie che ancora oggi forniscono importanti spunti di riflessione per comprendere l’andamento della società contemporanea. Ad introdurre il convegno, tenutosi nell’aula magna del liceo, la professoressa Martina Savio, che ha anche presentato i due relatori: Domenico Saguato, presidente dell’associazione Genova Solidale, e Bruno Sterlini, ricercatore UniGe e IIT (Istituto Italiano di Tecnologia).

A prendere per primo la parola è stato Domenico Saguato, che ha trattato l’evoluzione dell’intelligenza umana dalle origini fino ad oggi, il progressivo intervento dell’uomo sulla natura e la nascita del pensiero simbolico e del linguaggio

Ha descritto lo sviluppo dell’essere umano andando indietro nella storia di 3 milioni di anni, quando i primi ominidi cominciarono a scendere dagli alberi, per poi affrontare i successivi passi salienti della loro evoluzione: l’uomo iniziò a “scheggiare” pietre (“e non ha più smesso!”, afferma scherzosamente Saguato), da preda divenne predatore e modificò la propria organizzazione sociale in forme sempre più organizzate e complesse fino alla nascita della prima etica umana. Ad aver portato a ciò è stato sicuramente l’aumento di volume del cervello, al quale si è giunti, tra le altre cose, grazie a un radicale calo delle temperature, che ha ridotto la resa fruttifera degli alberi. A causa di ciò, da prede siamo diventati predatori: nella nostra dieta la carne si è accostata al consumo di frutti. Assumendo un maggior numero di calorie, dunque, il cervello ha potuto svilupparsi più rapidamente (dobbiamo tenere conto infatti che il 25% del fabbisogno calorico giornaliero viene bruciato dal cervello).  

Un cervello così grande però comporta alcune complicazioni: come si può facilmente intuire, infatti, è difficile per una donna partorire una progenie con un cranio di tali dimensioni. Iniziano dunque ad avvenire nascite anticipate: l’uomo è l’unica specie animale a nascere senza essere autosufficiente. Per essere accuditi, i neonati necessitano di numerose cure e, dunque, si va creando un gruppo numeroso che coadiuva la madre, all’interno del quale le relazioni tra gli uomini si fanno sempre più complesse. All’evolversi delle relazioni umane si affianca l’evolversi del cervello, e all’evolversi del cervello si affianca l’evolversi delle relazioni umane, secondo un rapporto dialettico. In questo contesto nasce l’etica. Se tra gli altri mammiferi esiste solo l’etica della madre che accudisce il figlio (grazie all’ossitocina, l’ormone mammifero dell’amore), per quanto riguarda gli uomini questo amore viene rivolto non solo al figlio, ma a tutta la tribù. La “morale dell’equità” (come lo psicologo Michael Tomasello definisce questo nuovo approccio degli uomini nei confronti dei loro simili) è il prodotto di un processo di una selezione di gruppo. Tra i vari clan esistenti, progredisce quello in cui i sentimenti di unità e coesione sono più radicati: se uniti, infatti, gli uomini riescono a procurarsi più facilmente le risorse necessarie alla propria sopravvivenza. 

Vivendo in società più complesse, i nostri antenati avevano bisogno di un mezzo di comunicazione all’avanguardia: non erano sufficienti i suoni inarticolati di cui gli animali si servono per esternare le proprie sensazioni, serviva un linguaggio in grado di esprimere i processi, un linguaggio simbolico che permettesse di fare astrazioni, elaborare concetti e immaginare mondi diversi dal nostro (importante citare a questo proposito il saggio “Etica e concezione materialistica della storia” di Karl Kautsky). 

Finito il suo intervento, Saguato lascia spazio a Sterlini, che racconta lo studio che il centro di ricerca di cui fa parte sta conducendo. L’obiettivo è coltivare in vitro parti di cervello che permettano di trovare nuove cure e, in generale, capire come funziona il nostro organo più complesso. Questo studio ha una grandissima portata innovativa, data la naturale difficoltà riscontrata nello studio del cervello (si può infatti studiare solo in modo indiretto, metodi come le biopsie non sono praticabili).

Per molti anni allo scopo di trovare cure per malattie neurologiche sono stati utilizzati come cavie i topi, in quanto possiedono molti meccanismi simili a quelli del cervello umano. Tuttavia, il limite di tale ricerca è palese.

Si iniziò dunque a capire la potenzialità che le cellule staminali (presenti fin da subito nell’embrione, in quanto permettono di creare qualsiasi parte dell’organismo) avevano per il successo di questi studi: in laboratorio queste possono essere utilizzate per creare parti di cervello. Inizialmente venivano estratte, nell’ambito dell’inseminazione artificiale, dagli embrioni: alcuni venivano impiantati, altri utilizzati per la ricerca. Questo metodo, tuttavia, possedeva limiti di natura etica. Viene dunque elaborata un’alternativa: cellule differenziate, quasi esclusivamente quelle epiteliali, iniziano a essere usate per creare cellule staminali, da cui si potranno successivamente creare parti di cervello (chiamate organoidi) utili alla ricerca.

Lo studio di Sterlini in particolare usufruisce di questi organoidi per cercare di riprodurre l’ippocampo, la parte del cervello più danneggiata dagli effetti dell’alzheimer, nella speranza, attraverso il confronto con un cervello sano, di scoprire di più in merito a questa patologia. 

Alla fine della conferenza, nei presenti è maturata una maggiore consapevolezza sul processo evolutivo a cui l’uomo è stato soggetto, attraverso il ragionamento critico su questi temi.  Impossibile dunque non interrogarsi riguardo a tutti i problemi che l’uomo contemporaneo sta vivendo, dalle guerre al cambiamento climatico. Torna a questo proposito alla mente la domanda che Domenico Saguato ha posto ai presenti a fine discorso, ossia: perché, nonostante il processo evolutivo abbia portato l’uomo a vivere pacificamente in comunità, oggi si consumano tragedie quali le guerre? Dove è finita la capacità di cooperare che ci ha portati a sviluppare la nostra intelligenza?” Come Saguato ha invitato il pubblico a riflettere sulla questione, noi invitiamo voi lettori a fare lo stesso.

Ed è così che al Liceo D’Oria è stata celebrata la nascita del grande biologo e naturalista Charles Darwin (qui l’intervista a Bruno Sterlini del TG dei Ragazzi di TGCOM24).

Un viaggio attraverso la memoria. “Le tappe dell’ignominia”scandite dalle voci della Shoah.

Di Anna Cugurra, Rebecca Dufour, Emanuela Gasperini, Chiara Guatelli, Lisa Poverelli, Francesco Repetto

Per celebrare il Giorno della Memoria il Cinema Sivori, lunedì 3 febbraio, ha presentato uno spettacolo di straordinario valore storico, ma soprattutto umano: “Tu passerai per il Camino – Le tappe dell’ignominia”, che invita ognuno di noi ad una riflessione profonda e commovente, servendosi di immagini d’epoca, letture e della toccante narrazione di Rino Mario Giannini e Raffaella Burlando.

Il progetto nasce da uno studio basato su numerose testimonianze di sopravvissuti ai lager e si pone l’obiettivo di restituire memoria e sensibilizzare il pubblico sulle atrocità della Shoah.
Gli autori dello spettacolo, Claudio Cadario e Lidia Eseleva, hanno constatato l’impossibilità di riprodurre il lager sulla scena e hanno motivato la loro decisione di inserire le testimonianze all’interno della rappresentazione, senza identificare direttamente le persone, puntando su un teatro di parola.

Questa scelta è stata compiuta riflettendo sulle parole pronunciate da Goti Bauer, che sostiene che ogni ricordo relativo alla deportazione è solo un microscopico tassello in quel mosaico infinito di sofferenze umane che è stata la Shoah. La loro idea è stata quella di presentare una storia attraverso la lettura di diversi racconti, servendosi del teatro di narrazione per mettere al centro e rendere pregnante ogni parola.

Lo spettacolo include letture tratte da Primo Levi, Liliana Millu, Elie Wiesel e testimonianze di deportati liguri, per concludersi con una celebre sequenza de “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin.
A chiudere la serata vi è stato un momento di cabaret del repertorio ebraico, segno di come l’ironia possa diventare uno strumento di resistenza e memoria.

La rappresentazione è stata accompagnata da musica Yiddish/Klezmer eseguita dal vivo, alternando brani strumentali e cantati, che richiamano la sofferenza e la vita degli ebrei nei campi di concentramento, offrendo un ulteriore spunto di riflessione sulla tragedia della Shoah.

Dal 2007, “Tu passerai per il camino – Le tappe dell’ignominia” viene riproposto annualmente in diverse sedi, rivolgendo la sua forza educativa a studenti e docenti.

Lo spettacolo rende tangibile la realtà della Shoah attraverso le testimonianze dirette dei sopravvissuti, ed è proprio questa discriminante a donare potenza alla narrazione e, grazie all’ausilio delle immagini, a rivolgersi direttamente al cuore di ognuno di noi.

La rappresentazione ci ha fortemente colpiti anche a causa di alcune immagini per noi inedite e molto crude  ed è stata un’occasione preziosa per coltivare la memoria, ricordandoci l’indicibile orrore della Shoah e sfidando chi ancora oggi minimizza o nega la tragedia. Ci ha indotti a riflettere non solo su quanto accaduto, ma sulle atrocità che l’uomo è in grado di compiere se non si impegna attivamente contro l’odio e l’indifferenza.

Il Futuro dell’ istruzione è a portata di un click

Il progetto Campbus, organizzato dal Corriere della Sera, ha coinvolto scuole italiane in un’esperienza pratica su tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale. Gli studenti hanno creato video, podcast e interviste. Dopo la presentazione degli elaborati, il vincitore è il Liceo Classico Andrea D’Oria di Genova.

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Ennio Tomaselli: il magistrato scrittore

di Lisa Ferrari e Maria Roccella, 1B. 

Quest’anno l’autore dell’incipit per il progetto “Staffetta di scrittura” a cui ha partecipato la 1B del Liceo D’Oria non è solo un romanziere, ma anche un ex magistrato minorile: Ennio Tomaselli. 

Nato presso Firenze, si è trasferito con la famiglia a Torino, nel quartiere delle Vallette. Il magistrato abita tuttora nel capoluogo piemontese con la moglie Rosamaria. Si è laureato in giurisprudenza nel 1978 e ha superato il concorso d’ingresso in magistratura, per diventare giudice penale del tribunale di Torino dal 1978 al 1986. Ha partecipato anche ad alcuni processi in corte d’Assise, e nell’86 è diventato giudice del tribunale per i minorenni. Tomaselli, forse anche per aver lavorato come giudice minorile, si sente a suo agio in presenza dei ragazzi e ci tiene a valorizzare questa esperienza. Si è sempre impegnato ad incontrare i giovani e parlare con loro, anche se a distanza. Il 3 dicembre 2024 la classe 1B del liceo classico Andrea D’Oria di Genova ha avuto la possibilità di contattare lo scrittore tramite videoconferenza  meet, per porgli alcune domande.

Ha sempre voluto diventare un magistrato, oppure se n’è convinto strada facendo?

Ho deciso di diventare magistrato alle scuole superiori, in quinta liceo, perché fino ad allora ero molto indeciso su quale carriera intraprendere. Mio padre faceva parte del corpo di polizia e forse la mia scelta è stata indirizzata anche dall’ambiente in cui sono cresciuto. All’esame di maturità mi è stato chiesto da un membro esterno cosa volessi fare dopo l’università ed è stato allora che ho espresso per la prima volta questo mio desiderio.

Com’è stata per lei l’esperienza del liceo?

Ho frequentato il classico e a dire la verità, il primo anno ho avuto non pochi problemi…sono stato rimandato in latino, matematica, greco e italiano. Anche dopo aver studiato tutta l’estate mi hanno bocciato, ma grazie al sostegno dei miei genitori sono riuscito ad andare avanti e alla fine ho lasciato la scuola con il massimo dei voti. Dopotutto a volte nella vita ci sono momenti di difficoltà, ma si possono sempre superare con la fiducia in sé stessi e il supporto dei propri cari.

In quanto magistrato lei deve aver affrontato casi di ragazzi che avevano completamente perso la loro strada. Qual è stato il caso più importante e difficile che abbia mai incontrato? 

A dire la verità tutti i casi che ho affrontato sono importanti per me, anche quelli meno complessi. Ho sempre cercato di non essere superficiale mentre analizzavano i diversi problemi, perché al di là dell’apparente semplicità della situazione nulla si deve dare per scontato. Sia che stessi scrivendo la sentenza (ad esempio del caso “Erika e Omar”) sia che stessi esaminando una pronuncia sullo stato di adottabilità, non ho mai smesso di sentirmi responsabile del minore che mi stava davanti. Infatti sbagliare su una di queste pronunce avrebbe potuto portare a delle conseguenze psicologiche irreversibili per la persona in questione.

La carriera di magistrato sembrava esserle molto a cuore, quindi per quale motivo ha scelto di abbandonarla per diventare scrittore? 

La legalità è stata senza dubbio una parte importantissima della mia vita, ma ad un certo punto ho sentito il bisogno di abbandonarla. Ho optato per il pensionamento anticipato perché mi era parso di aver completato un certo percorso di lavoro e di vita e quindi di potermi permettere, essendo già nelle condizioni per accedere alla pensione, di sperimentare qualcosa di diverso e, magari, “diversamente utile”. Ormai passavo perfino le vacanze a scrivere sentenze! Non avevo più tempo da dedicare a me stesso e alle mie passioni: così ho deciso di lasciare la magistratura per esplorare nuove forme di linguaggio con cui esprimermi.

Facendo sedimentare i ricordi della mia carriera, ho scritto quattro romanzi e un saggio intitolato “Giustizia e ingiustizia minorile”. In pratica ho continuato a partecipare alla questione minorile, solo in un modo diverso e con maggiore tranquillità.

Anche la scrittura quindi è molto importante per lei: ma cosa significa per lei scrivere? 

Secondo me la scrittura nasce dall’emozione, da quello che si vuole comunicare. Per me è molto importante esprimere la mia opinione per quanto riguarda la legalità ed è proprio per questo che sono diventato autore. I miei libri rispecchiano la realtà della vita, sono inventati ma realistici: penso che non riuscirei mai a scrivere un romanzo fantasy o di fantascienza. In essi ho narrato la storia di qualcun altro ma parlando di me: ogni scrittore alla fine racconta di sé nelle sue opere.

I libri in cui forse mi sono immedesimato di più sono stati quelli che fanno parte di una piccola trilogia, formata da Messa alla prova, Un anno strano e Fronte Sud. Il protagonista di questi romanzi è il magistrato Malavoglia, che rispecchia molto la mia esperienza personale. Alla fine dell’ultimo libro Malavoglia esce di scena, lasciando alle persone più giovani il suo posto, proprio come ho fatto io.

                  FronteSud

Avrebbe un messaggio da lasciare a queste nuove generazioni, signor Tomaselli?

Certamente…per voi andare avanti forse sarà difficile, ma il futuro è nelle vostre mani.  Volevamo lasciarvi un mondo migliore ma non tutto è possibile. Però come dice un antico proverbio africano: “ognuno è responsabile degli occhi che guarda”. Per questo vi posso lasciare il mio più grande augurio di un domani luminoso.

Grazie mille per il pensiero. Comunque secondo noi lei e i suoi colleghi magistrati siete davvero riusciti a migliorare il nostro presente! Avete riscattato tante giovani vite, che altrimenti si sarebbero perse. Ci potrebbe raccontare come riusciva a gestire i colloqui con gli imputati? 

In un processo minorile è necessario usare un linguaggio informale per favorire la comunicazione. Di solito preferisco l’uso del “tu” e cerco di non mettere soggezione al ragazzo che ho davanti. Trovo che sia molto utile chiedere l’opinione del minore sulla situazione, per sapere cosa ne pensa. In un processo dove l’imputato è adulto il tono usato è naturalmente più formale.

Secondo lei quanto è cambiata la giustizia minorile negli ultimi anni?

È cambiata molto. Nel settore civile, ad esempio, con maggiori garanzie complessive e in particolare, per i ragazzi, grazie a norme che ne prevedono o esigono l’ascolto, da una certa età in poi, nelle procedure i cui effetti sono destinati a ricadere su di loro. Parlo anche di procedure di particolare rilievo, come quelle di adottabilità e di decadenza di uno o entrambi i genitori dalla responsabilità (un tempo potestà) genitoriale.

E invece cosa accade nei casi in cui è il minore a compiere il reato? 

Il minore ovviamente viene sottoposto ad un tribunale, viene stabilita una sentenza e se il ragazzo è colpevole di grave reato viene mandato in prigione. Tuttavia si tratta sempre di una condizione temporanea, anche se può durare per diversi anni non si tratta mai di una condanna a vita. In alcuni Stati si favorisce l’ergastolo anche per i minori ma la Corte Costituzionale ha stabilito che esso è incompatibile con la giustizia minorile. Questi ragazzi sono ancora giovani e nella maggior parte dei casi è possibile anche un buon reinserimento nella società.

Ma come si può prevenire il reato minorile secondo lei? 

Per prevenire reati gravi come omicidi serve fin da subito un’azione all’interno della famiglia, il primo nucleo sociale, poi della scuola e delle associazioni educative. Ad esempio il volontariato è un buon modo di imparare ad agire per il bene degli altri.

E per quanto riguarda la sua esperienza con i migranti? Come mai ha basato l’incipit proprio su questo tema? 

La migrazione è una realtà molto attuale e molto spesso sottovalutata. Le immigrazioni dagli altri Paesi sono ben più pericolose e segnano nell’anima le persone che le intraprendono. Ho preso ispirazione per il mio incipit, da un gruppo di volontari triestini che accolgono tutti i giorni i viaggiatori della rotta balcanica. Così, ecco, ho pensato di portare questo tema anche fra due ragazzi come potreste essere voi…che discutono in riva al mare.

Giusto, Gabriel e Alessandra, i due protagonisti dell’incipit, l’uno più indeciso e l’altra più determinata. Si aspettava che fosse Alessandra a diventare la protagonista dei capitoli successivi? 

Certamente, Alessandra fin dal principio sembra la più coraggiosa e decisa a cambiare le cose. Secondo lei la migrazione non è una questione per politici o adulti ma per tutti, anche loro che sono ragazzi secondo lei possono fare la differenza!

Grazie mille  per la sua disponibilità e la sua gentilezza nel rispondere alle nostre domande. Siamo sicuri che ricorderemo questo incontro con lei per molto tempo. 

Bridging the past and present: O’Connor’s film “Emily” and Bronte’s classic novel Wuthering Heights.

This essay is the final step of a project on  a comparative analysis of the film Emily by Frances O’Connor and Emily Bronte’s Wuthering Heights .To analyze Emily Brontë’s work and the film Emily in a comprehensive way, we divided the task into six groups, each focusing on a specific theme, exploring various aspects of her life (as presented in the film), the novel, and the historical and social context.

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Esito finale di “CampBus 2024”: la vittoria è nostra!

“Il vincitore della V edizione di CampBus Corriere 2024… è il liceo classico Andrea D’Oria!!”

 

Sono le 14.00 del 5 dicembre 2024 e c’è tensione nella sala conferenze del “Corriere della Sera”. Dopo aver presentato i frutti del loro lavoro con Campbus al pubblico, dopo le interviste con gli sponsor del progetto, le scuole di Roma, Bari, Milano e Genova aspettano che la giuria proclami il progetto che si è aggiudicato la vittoria nella competizione. Sale sul palco Claudia Colla, capo della Rappresentanza della Commissione Europea per il Nord Italia, con la busta contenente il nome della scuola.

La apre. Il vincitore della V edizione di Campbus Corriere 2024 è il liceo classico Andrea D’Oria!

Dopo la sorpresa iniziale, partono gli applausi del pubblico.

A conclusione di questo percorso, saliamo sul palco, e, insieme alla targa, ritiriamo gli zaini.

Il video vincitore “Ciak gpt”  è visibile sia sul canale youtube del liceo, sia nella Videoteca di Agorà.