Intervista alla professoressa Cristina Frisone
di Carlotta Berni, Eleonora Capone, Isabella Manni, Francesco Repetto, Linda Simonotto, Pietro Speroni, classe 3B
Tra il 21 e il 25 ottobre è arrivato nella nostra scuola il Campbus del Corriere della Sera, un progetto che ha visto coinvolte quattro scuole in giro per l’Italia. Per tutta la settimana le classi 3B e 3D hanno partecipato ad attività proposte da esperti di varie aziende specializzate nel campo dell’elettronica. Gli studenti sono stati immersi in un mondo di tecnologie all’avanguardia, partecipando a workshop su intelligenza artificiale, programmazione e cybersecurity. Abbiamo intervistato la professoressa Cristina Frisone, una delle coordinatrici del progetto per la nostra scuola.
Com’è nata la collaborazione con il Corriere della Sera?
Quello con il Corriere della Sera è sempre stato un appuntamento fisso per le nostre classi. Da quando abbiamo iniziato il percorso di giornalismo, ogni anno, portiamo i ragazzi delle classi prime a Milano per visitare la sede del giornale, a eccezione del periodo del Covid. Il Corriere è stato per noi una meta di approccio al giornalismo, un giornalismo con una forte tradizione storica nel nostro Paese. Inoltre, abbiamo sviluppato diversi progetti di PCTO con le classi del triennio. Quest’anno il Corriere, quando ha deciso di venire a Genova con il Campbus, ha pensato alla nostra scuola forse proprio perché esisteva già questa proficua collaborazione. A volte seguiamo anche le loro conferenze online, che risultano interessanti sia per l’attualità sia per la letteratura, dato che il Corriere ha una solida tradizione nell’approfondimento della cultura letteraria.
Ritiene che le attività proposte siano state inerenti alle materie del liceo classico?
Direi di sì, perché tutto è inerente al liceo classico. Il classico è da sempre un percorso che fornisce una formazione ampia. Sebbene il latino e il greco possano sembrare materie lontane dalla realtà, la forma mentis del liceo classico ha sempre preparato anche per le materie che oggi definiamo STEM. Il Corriere della Sera, proponendoci questo progetto del Campbus incentrato su queste discipline, ha rafforzato l’idea che il liceo classico non offre solo una preparazione umanistica, anzi, risulta efficace nel valutare criticamente anche le novità nei campi scientifici e professionali.
Cosa ne pensa degli esperti invitati a parlare durante il progetto?
Non ho partecipato direttamente, poiché ho una classe quinta che ha già svolto altri PCTO in passato. Tuttavia, ho partecipato alla visita sul Campbus. Ho trovato molto valido l’approccio della persona che ci ha ospitato, Roberto Ricchitelli. Era simpatico e sapeva coinvolgere i ragazzi con leggerezza ma con grande efficacia. Ha accolto i ragazzi parlando in inglese, non per fare scena, ma per sottolineare l’importanza della conoscenza dell’inglese in questo momento storico, dato che è la lingua di comunicazione delle discipline STEM. Durante la visita, ci ha illustrato varie possibilità sia lavorative, sia didattiche, e ha rispettato molto il ruolo della scuola, evidenziando che la tecnologia è uno strumento complementare, non sostitutivo. Ho trovato questo messaggio molto utile.
Ritiene che questo progetto sia stato utile per i ragazzi in ottica di un futuro lavoro?
Penso che l’idea di un futuro lavoro maturi lentamente, soprattutto in base all’età. Sicuramente, però, i ragazzi hanno avuto modo di scoprire nuove professioni, uscendo dai soliti stereotipi di voler diventare medici o avvocati. Queste sono scelte nobili che rimarranno ma esistono anche altre professioni molto specializzate e con una valenza significativa nel mercato del lavoro e della cittadinanza.
Se in futuro ci fosse un’altra occasione per partecipare a questo tipo di attività, cambierebbe qualcosa per migliorarla?
Il Campbus ci ha proposto un pomeriggio di formazione per insegnanti, a cui abbiamo partecipato. Bisogna ammettere che era organizzato in gran parte dagli sponsor del progetto come Google, Eni e TikTok, multinazionali influenti. Naturalmente nel presentarci le possibilità d’uso dei loro strumenti, hanno anche pubblicizzato i loro marchi. Non penso fosse pubblicità occulta, dato che era evidente, e credo che anche i ragazzi lo abbiano capito. In ogni caso, ritengo che gli sponsor siano necessari per queste attività, che altrimenti non sarebbero gratuite. Gli sponsor per una settimana hanno garantito personale e tecnologie che hanno un costo, ed è educativo per i ragazzi comprendere che non tutto è gratis. Personalmente, apprezzerei di più, per quanto riguarda la formazione per gli insegnanti, l’intervento di professionisti della scuola, docenti che utilizzano già la tecnologia in classe. Quando un’applicazione ci viene presentata da un collega, risulta più convincente perché ci mostra concretamente cosa si può fare con quella tecnologia. Trovo questo approccio molto più utile.
Successivamente abbiamo ascoltato il parere sul progetto direttamente da un alunno della classe 3D.
Come è stata questa esperienza?
Ci sono state proposte attività con dei professionisti tra cui video makers e specialisti nel campo del videomaking, abbiamo lavorato per cinque giorni, ogni pomeriggio, per creare un video utilizzando tutti gli strumenti professionali del campo e arrivare al prodotto finale, un cortometraggio sul tema dell’intelligenza artificiale e della tecnologia. È stata un’esperienza divertente e formativa che ci ha fornito strumenti che ci saranno molto utili nel mondo del lavoro.