Le pietre d’inciampo: memoria e riflessione sull’Olocausto

di Camilla Carratù, Gilda Agosti, Maria Giovanna Lauria, Chiara Torazza, 2B

Il ricordo della Shoah non deve essere limitato solo al 27 gennaio, Giornata della Memoria, deve vivere in noi tutti i giorni, ma spesso la nostra mente è occupata da così tanti pensieri che, camminando e guardando a terra, non ci accorgiamo neanche di piccoli frammenti di storia che abbiamo nelle nostre strade.

La 5F del nostro Liceo Classico, seguita dalla professoressa Borello,  ha organizzato un percorso guidato sulle pietre d’inciampo nel centro di Genova per arrivare al cuore degli studenti del Liceo D’Oria.

Qui  e in videoteca il video realizzato dagli studenti di 2B, guidati dalla professoressa Dolcino

Ma cosa sono le “pietre d’inciampo” e perché si chiamano così? Le pietre d’inciampo sono dei  piccoli blocchi di pietra ricoperti da una lastra di ottone su cui sono incisi il nome e la data di deportazione di alcuni ebrei, come piccole targhe commemorative. Il loro nome è derivato dalla funzione che dovrebbero, o meglio, dovremmo fare loro assumere, ossia quella di farci proprio “inciampare” nella memoria di quel tempo per tenere sempre vivo nelle nostre anime il dramma vissuto da tanti uomini, donne e bambini.

La prima pietra ci è stata mostrata da Marco Vecchio; essa ricorda l’arresto di Giorgio Labò, uno studente di architettura che fu arruolato nel genio minatori e che, dopo l’armistizio, fu tradito da uno dei suoi compagni e in seguito catturato dalle SS tedesche. E’ stato prigioniero per 18 giorni; malgrado sia stato sottoposto a terribili torture, non rivelò mai niente negli interrogatori delle SS; venne fucilato con altri suoi nove compagni senza processo.

All’inizio di Galleria Mazzini abbiamo trovato la pietra di Riccardo Pacifici: laureato in Lettere Classiche all’Università di Venezia, divenne rabbino di Genova nel 1936 e venne arrestato nel 1943 dalle SS con la moglie e i suoi figli.

Percorsa Galleria Mazzini, ci siamo fermati in Largo Eros Lanfranco per  ascoltare da Elena Bisio, Petra Torrigiani e Agnese Dighero le storie di alcuni genovesi che hanno aiutato a nascondere degli ebrei: Francesco Repetto,  che nel 1943 ha guidato la delegazione ebraica, un’organizzazione che aiutava gli ebrei a emigrare e a stabilirsi in un nuovo paese; Pietro Boetto, cardinale e arcivescovo di Genova che forniva i beni necessari agli ebrei nascosti; Massimo Teglio, che  ha fatto parte dell’aviazione ed è riuscito a salvare circa 30.000 ebrei andando da Genova a Firenze e fornendo documenti falsi e denaro per i beni di prima necessità. Queste straordinarie persone hanno ricevuto una medaglia al valore per il coraggio dimostrato.

In via Bertola, accanto alla sinagoga di Genova,  sono situate le quattro pietre d’inciampo della famiglia Polacco: Camilla Icardi, Matilda Biasizzo e Claudia Tolomelli ci hanno raccontato la loro storia. Il padre, Albino Polacco, nel 1943 era il custode della sinagoga e venne arrestato con la moglie Linda e i due figli Carlo e Roberto. Molti persone che si trovavano all’interno della sinagoga si salvarono, invece,  grazie al gesto di una signora che dalla finestra sventolò un fazzoletto per avvisare dell’arrivo dei tedeschi.

Infine ci siamo recati davanti alla prefettura per ascoltare la storia di Ercole De Angelis, deportato al campo di Bolzano, assassinato il 18 aprile 1944; Italo Vitale, arrestato in corso Montegrappa il 10 dicembre del 1943 , fu recluso nel carcere di Milano fino alla sua deportazione ad Auschwitz, ma morì durante il terribile viaggio; Emanuele Cavaglione, gioielliere ebreo, si trasferì a Firenze per fuggire dalle deportazioni, ma fu ingannato e ucciso ad Auschwitz il 30 giugno 1944; Margherita Segre, moglie di Emanuele Cavaglione, fu arrestata col marito e portata al campo di Fossoli e morì lo stesso giorno del marito.

Le pietre d’inciampo rappresentano non solo un omaggio alle vittime delle persecuzioni naziste, ma anche un invito alla riflessione e alla memoria collettiva. Questi piccoli monumenti sparsi in tutta Europa, ci ricordano l’importanza di non dimenticare le ingiustizie del passato ed impegnarci per un futuro di rispetto e umanità.

Il teatro è un’isola di libertà

di Giulia Masullo, 2 d.

Nel centro di Copenaghen è presente sospesa nell’acqua un’isoletta di cristallo, è il teatro nazionale  danese : l’Opera di Copenaghen.

È noto per essere uno tra i teatri più moderni al mondo, nonché il più costoso mai costruito .

Infatti presenta una costruzione architettonica totalmente differente da quelli del resto di Europa: il teatro nazionale danese è interamente costruito in vetro e grazie a questa scelta di materiali sembra proprio di essere sospesi sull’acqua.

In generale non si trovano teatri europei con queste caratteristiche, ciò ci permette di apprezzare al meglio questo spazio così inusuale quanto suggestivo.

L’esterno del teatro è caratterizzato da vetro e da un rivestimento in pietra calcarea, è posto su un sistema di costruzione a palafitte completamente circondato dai tipici canali danesi, progettati per creare un atmosfera al suo interno diversa da quella classica .

Qui ogni spettatore ha la possibilità di dare sfogo alla propria creatività e proprio per questo lo spazio vuoto presente nel teatro non per forza deve essere inteso come ambiente non sfruttato ma come luogo di libertà creativa.

Infatti questo non è assolutamente un teatro povero, fattore testimoniato anche dal costo elevatissimo per la costruzione, pari ai 500 milioni di dollari investiti dal governo danese, ma è un teatro diverso non solo per l’arredamento più minimalista e moderno, ma soprattutto per la libertà che lascia a chi lo visita.

Lasciando molto spazio alla modernità all’interno del teatro possiamo notare che gli spazi hanno uno scopo dunque diverso: si punta più sulla diversità piuttosto che alla bellezza vera propria .

Per accedere all’edificio  sono stati costruiti una serie di ponti fatti interamente di quercia, i quali sono a loro volta raggiungibili grazie ad un’organizzazione di battelli che permettono di prelevare gli spettatori per farli accedere all’interno del teatro.

Nyhavn

Questi battelli si possono prendere in uno dei canali principali e più famosi di Copenaghen: il Nyhavn il vecchio porto di Copenaghen.

Il teatro può ospitare tra i 1492 e i 1703 spettatori, a seconda delle dimensioni dell’orchestra .

Ovviamente tra queste numerose persone non può mancare il posto per la regina Margherita II di Danimarca, la quale ha un suo palchetto privato presso la parte più a sinistra dell’auditorium.

Questo arrangiamento per niente convenzionale è stato scelto perché la regina ama stare vicino al palco per vedere gli artisti che si preparano nel backstage prima di salire sulla scena, differentemente da quanto le sarebbe concesso se fosse seduta in una posizione più centrale .

Possiamo dire che il teatro non ha epoca, tempo o stile, è una sfera di cristallo che ospita e protegge al suo interno anni e anni di cultura e per quanto esso possa essere particolare rappresenta un punto fermo e saldo nel tempo che riesce a evocare ed esaltare la magia dell’arte umana.