Come l’evoluzione “ci ha reso esseri con una morale”: il Darwin Day 2025 al Liceo D’Oria

di Benedetta Lorenzon e Ginevra Venturi, 4D

Il 12 Febbraio 2025 presso il Liceo Classico Andrea D’Oria si è tenuta una conferenza in occasione del Darwin Day. Ma che cos’è il Darwin Day? Si tratta di un giorno dedicato al ricordo dello scienziato Charles Darwin, nato proprio il 12 febbraio del 1809, e delle sue incredibili scoperte in merito all’evoluzione della specie che ancora oggi forniscono importanti spunti di riflessione per comprendere l’andamento della società contemporanea. Ad introdurre il convegno, tenutosi nell’aula magna del liceo, la professoressa Martina Savio, che ha anche presentato i due relatori: Domenico Saguato, presidente dell’associazione Genova Solidale, e Bruno Sterlini, ricercatore UniGe e IIT (Istituto Italiano di Tecnologia).

A prendere per primo la parola è stato Domenico Saguato, che ha trattato l’evoluzione dell’intelligenza umana dalle origini fino ad oggi, il progressivo intervento dell’uomo sulla natura e la nascita del pensiero simbolico e del linguaggio

Ha descritto lo sviluppo dell’essere umano andando indietro nella storia di 3 milioni di anni, quando i primi ominidi cominciarono a scendere dagli alberi, per poi affrontare i successivi passi salienti della loro evoluzione: l’uomo iniziò a “scheggiare” pietre (“e non ha più smesso!”, afferma scherzosamente Saguato), da preda divenne predatore e modificò la propria organizzazione sociale in forme sempre più organizzate e complesse fino alla nascita della prima etica umana. Ad aver portato a ciò è stato sicuramente l’aumento di volume del cervello, al quale si è giunti, tra le altre cose, grazie a un radicale calo delle temperature, che ha ridotto la resa fruttifera degli alberi. A causa di ciò, da prede siamo diventati predatori: nella nostra dieta la carne si è accostata al consumo di frutti. Assumendo un maggior numero di calorie, dunque, il cervello ha potuto svilupparsi più rapidamente (dobbiamo tenere conto infatti che il 25% del fabbisogno calorico giornaliero viene bruciato dal cervello).  

Un cervello così grande però comporta alcune complicazioni: come si può facilmente intuire, infatti, è difficile per una donna partorire una progenie con un cranio di tali dimensioni. Iniziano dunque ad avvenire nascite anticipate: l’uomo è l’unica specie animale a nascere senza essere autosufficiente. Per essere accuditi, i neonati necessitano di numerose cure e, dunque, si va creando un gruppo numeroso che coadiuva la madre, all’interno del quale le relazioni tra gli uomini si fanno sempre più complesse. All’evolversi delle relazioni umane si affianca l’evolversi del cervello, e all’evolversi del cervello si affianca l’evolversi delle relazioni umane, secondo un rapporto dialettico. In questo contesto nasce l’etica. Se tra gli altri mammiferi esiste solo l’etica della madre che accudisce il figlio (grazie all’ossitocina, l’ormone mammifero dell’amore), per quanto riguarda gli uomini questo amore viene rivolto non solo al figlio, ma a tutta la tribù. La “morale dell’equità” (come lo psicologo Michael Tomasello definisce questo nuovo approccio degli uomini nei confronti dei loro simili) è il prodotto di un processo di una selezione di gruppo. Tra i vari clan esistenti, progredisce quello in cui i sentimenti di unità e coesione sono più radicati: se uniti, infatti, gli uomini riescono a procurarsi più facilmente le risorse necessarie alla propria sopravvivenza. 

Vivendo in società più complesse, i nostri antenati avevano bisogno di un mezzo di comunicazione all’avanguardia: non erano sufficienti i suoni inarticolati di cui gli animali si servono per esternare le proprie sensazioni, serviva un linguaggio in grado di esprimere i processi, un linguaggio simbolico che permettesse di fare astrazioni, elaborare concetti e immaginare mondi diversi dal nostro (importante citare a questo proposito il saggio “Etica e concezione materialistica della storia” di Karl Kautsky). 

Finito il suo intervento, Saguato lascia spazio a Sterlini, che racconta lo studio che il centro di ricerca di cui fa parte sta conducendo. L’obiettivo è coltivare in vitro parti di cervello che permettano di trovare nuove cure e, in generale, capire come funziona il nostro organo più complesso. Questo studio ha una grandissima portata innovativa, data la naturale difficoltà riscontrata nello studio del cervello (si può infatti studiare solo in modo indiretto, metodi come le biopsie non sono praticabili).

Per molti anni allo scopo di trovare cure per malattie neurologiche sono stati utilizzati come cavie i topi, in quanto possiedono molti meccanismi simili a quelli del cervello umano. Tuttavia, il limite di tale ricerca è palese.

Si iniziò dunque a capire la potenzialità che le cellule staminali (presenti fin da subito nell’embrione, in quanto permettono di creare qualsiasi parte dell’organismo) avevano per il successo di questi studi: in laboratorio queste possono essere utilizzate per creare parti di cervello. Inizialmente venivano estratte, nell’ambito dell’inseminazione artificiale, dagli embrioni: alcuni venivano impiantati, altri utilizzati per la ricerca. Questo metodo, tuttavia, possedeva limiti di natura etica. Viene dunque elaborata un’alternativa: cellule differenziate, quasi esclusivamente quelle epiteliali, iniziano a essere usate per creare cellule staminali, da cui si potranno successivamente creare parti di cervello (chiamate organoidi) utili alla ricerca.

Lo studio di Sterlini in particolare usufruisce di questi organoidi per cercare di riprodurre l’ippocampo, la parte del cervello più danneggiata dagli effetti dell’alzheimer, nella speranza, attraverso il confronto con un cervello sano, di scoprire di più in merito a questa patologia. 

Alla fine della conferenza, nei presenti è maturata una maggiore consapevolezza sul processo evolutivo a cui l’uomo è stato soggetto, attraverso il ragionamento critico su questi temi.  Impossibile dunque non interrogarsi riguardo a tutti i problemi che l’uomo contemporaneo sta vivendo, dalle guerre al cambiamento climatico. Torna a questo proposito alla mente la domanda che Domenico Saguato ha posto ai presenti a fine discorso, ossia: perché, nonostante il processo evolutivo abbia portato l’uomo a vivere pacificamente in comunità, oggi si consumano tragedie quali le guerre? Dove è finita la capacità di cooperare che ci ha portati a sviluppare la nostra intelligenza?” Come Saguato ha invitato il pubblico a riflettere sulla questione, noi invitiamo voi lettori a fare lo stesso.

Ed è così che al Liceo D’Oria è stata celebrata la nascita del grande biologo e naturalista Charles Darwin (qui l’intervista a Bruno Sterlini del TG dei Ragazzi di TGCOM24).

Lezioni di Memoria: contro l’indifferenza di ieri e di oggi

di Filippo Lussana, Gabriele Coli, Riccardo Olivieri, Elena Lanza 5B

«Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.» Così Liliana Segre ricorda la tragica condizione di chi, come lei, negli anni successivi alla guerra, non trovò orecchie disposte ad ascoltarla.

La famiglia De Benedetti

Le dolorose storie di migliaia di famiglie ebree italiane rimasero confinate tra le mura domestiche, per il fatto che i protagonisti di queste erano stati segnati tremendamente dal dolore e da un paradossale senso di vergogna e inadeguatezza. Anche la storia di Franca De Benedetti e della sua famiglia non si conobbe fino al 2005, anno in cui decise di aprire il suo cuore al nipote, Filippo Biolè, raccontandogli per la prima volta dettagliatamente i travagliati anni vissuti tra il 1938 e il 1945.   Da questo racconto è iniziata la difficile ricostruzione della vicenda da parte dell’avvocato Filippo Biolè, presidente dell’ANED Genova (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti), che il 10 febbraio 2025 ha raccontato agli studenti del Liceo Andrea D’Oria la tragica storia della sua famiglia colpita dalla persecuzione nazifascista.

L’avvocato Biolè al Liceo D’Oria

Durante il racconto della fuga dall’Italia della famiglia De Benedetti verso una disperata salvezza in Svizzera, Biolè ha voluto mettere l’accento sui tanti piccoli gesti di aiuto compiuti da persone che, opponendosi alla diffusa indifferenza, rischiarono la loro vita per salvare quella di altri. E’ il caso del podestà di Levanto che nel settembre del 1943 sapendo che in pochi giorni sarebbero arrivati i nazisti a prenderli, invitò i De Benedetti a scappare. O dell’oste di Como che, di fronte a una famiglia segnata in volto dalla fame, consapevole si trattasse di ebrei, non ha esitato a mettere a disposizione uno spazio sicuro in cui avessero potuto sistemare le valigie con gli ultimi loro vestiti. Infine i guardiani sul confine svizzero che, pur avendo a poche centinaia di metri un presidio di nazisti, li fecero passare attraverso un buco nel filo spinato.

Bruno De Benedetti

A non riuscire a trovare la salvezza fu Bruno De Benedetti che venne deportato prima nel campo di Fossoli, dal quale tenne una commovente corrispondenza con la moglie, successivamente ad Auschwitz e Dachau. Con il suo commovente racconto, l’avvocato non ha solo rapito l’attenzione di tutti i presenti, ma ne ha anche condotto il cuore nella quotidianità di una delle troppe famiglie tuttora dilaniate da abominevoli eventi che noi definiamo “storici”, ma che sono più che mai attuali. La necessità e l’importanza di testimoni determinati e documentati come Filippo Biolè non è infatti da considerarsi esclusivamente finalizzata alla “memoria”, nel senso latino di “ricordo”; certo, esso è e deve rimanere un “peso gravoso sulla schiena” di tutta l’umanità in quanto ferita inguaribile ancora in cerca di una cicatrice, ma tali discorsi rivestono soprattutto un ruolo moderno di prevenzione ed accortezza verso indifferenza e discriminazioni, piaghe tutt’altro che superate. Non a caso Biolè sceglie, con grande efficacia e partecipazione, di concludere l’incontro citando ancora una volta Liliana Segre, rinnovando l’importante invito a scegliere con responsabilità e in nome della propria coscienza, affinché tutti “Siate la farfalla gialla che vola sopra il filo spinato.” che, nel caso dell’oste di Como o del podestà di Levanto, ha salvato la vita e il racconto della famiglia De Benedetti, e indirettamente anche noi.

Un viaggio attraverso la memoria. “Le tappe dell’ignominia”scandite dalle voci della Shoah.

Di Anna Cugurra, Rebecca Dufour, Emanuela Gasperini, Chiara Guatelli, Lisa Poverelli, Francesco Repetto

Per celebrare il Giorno della Memoria il Cinema Sivori, lunedì 3 febbraio, ha presentato uno spettacolo di straordinario valore storico, ma soprattutto umano: “Tu passerai per il Camino – Le tappe dell’ignominia”, che invita ognuno di noi ad una riflessione profonda e commovente, servendosi di immagini d’epoca, letture e della toccante narrazione di Rino Mario Giannini e Raffaella Burlando.

Il progetto nasce da uno studio basato su numerose testimonianze di sopravvissuti ai lager e si pone l’obiettivo di restituire memoria e sensibilizzare il pubblico sulle atrocità della Shoah.
Gli autori dello spettacolo, Claudio Cadario e Lidia Eseleva, hanno constatato l’impossibilità di riprodurre il lager sulla scena e hanno motivato la loro decisione di inserire le testimonianze all’interno della rappresentazione, senza identificare direttamente le persone, puntando su un teatro di parola.

Questa scelta è stata compiuta riflettendo sulle parole pronunciate da Goti Bauer, che sostiene che ogni ricordo relativo alla deportazione è solo un microscopico tassello in quel mosaico infinito di sofferenze umane che è stata la Shoah. La loro idea è stata quella di presentare una storia attraverso la lettura di diversi racconti, servendosi del teatro di narrazione per mettere al centro e rendere pregnante ogni parola.

Lo spettacolo include letture tratte da Primo Levi, Liliana Millu, Elie Wiesel e testimonianze di deportati liguri, per concludersi con una celebre sequenza de “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin.
A chiudere la serata vi è stato un momento di cabaret del repertorio ebraico, segno di come l’ironia possa diventare uno strumento di resistenza e memoria.

La rappresentazione è stata accompagnata da musica Yiddish/Klezmer eseguita dal vivo, alternando brani strumentali e cantati, che richiamano la sofferenza e la vita degli ebrei nei campi di concentramento, offrendo un ulteriore spunto di riflessione sulla tragedia della Shoah.

Dal 2007, “Tu passerai per il camino – Le tappe dell’ignominia” viene riproposto annualmente in diverse sedi, rivolgendo la sua forza educativa a studenti e docenti.

Lo spettacolo rende tangibile la realtà della Shoah attraverso le testimonianze dirette dei sopravvissuti, ed è proprio questa discriminante a donare potenza alla narrazione e, grazie all’ausilio delle immagini, a rivolgersi direttamente al cuore di ognuno di noi.

La rappresentazione ci ha fortemente colpiti anche a causa di alcune immagini per noi inedite e molto crude  ed è stata un’occasione preziosa per coltivare la memoria, ricordandoci l’indicibile orrore della Shoah e sfidando chi ancora oggi minimizza o nega la tragedia. Ci ha indotti a riflettere non solo su quanto accaduto, ma sulle atrocità che l’uomo è in grado di compiere se non si impegna attivamente contro l’odio e l’indifferenza.

La storia di Souleymane

di Beatrice Marini, 1E 

Vi è mai capitato di soffermare la vostra attenzione sulle condizioni di vita dei giovani ragazzi, addetti alle consegne a domicilio, che sfrecciano per le strade della città con le loro borse sgargianti, a bordo di biciclette o motorini?

Recentemente gli alunni della classe 1E hanno avuto modo di riflettere su questi temi grazie alla visione del film “La storia di Souleymane”.

Il protagonista è un giovane ventiquattrenne originario della Guinea che lavora come rider a Parigi ed è in attesa di fare un colloquio per ottenere il diritto di asilo politico. Per lavorare come rider Souleymane “affitta” l’account da un immigrato regolare che ha la cittadinanza francese.

L’intera vicenda si concentra proprio nei due giorni precedenti al colloquio, durante i quali il giovane affronta mille peripezie.

Ciò che rende unico il film è la modalità con cui sono trattati i temi dell’immigrazione e dell’accoglienza.

  Il regista ha utilizzato tecniche molto efficaci per far capire agli spettatori le situazioni difficili nelle quali lavorano gli immigrati: non ha scelto attori professionisti, ma persone che hanno affrontato sulla loro pelle una situazione di precarietà. Inoltre, fa immedesimare gli spettatori nei panni di Souleymane, che lotta contro una società apparentemente accogliente, ma distaccata con chi non è suo cittadino.

 

Era proprio questo l’obiettivo di Lojkine: capovolgere il punto di vista, facendoci vivere la storia con gli occhi del protagonista e di tutti gli immigrati. Purtroppo, essi svolgono lavori occasionali e temporanei (nel 2021 solo l’11% dei lavoratori a chiamata aveva un contratto di lavoro dipendente), sono mal pagati, non hanno ferie e assicurazioni e sono facilmente licenziabili.

Queste condizioni portano alcuni stranieri sottopagati o disoccupati a delinquere, generando un forte pregiudizio e diffidenza da parte dei cittadini.

Si innesca così un effetto domino: colui che ha una cultura e usanze differenti dalle nostre, tende ad essere escluso. Nel film emerge questo sentimento di paura nei confronti degli stranieri nell’episodio in cui Souleymane viene invitato ad uscire da un locale e attendere il pasto da consegnare all’esterno. Questo perché avrebbe potuto intimidire i clienti a causa del diverso colore della pelle.

Nella storia non mancano tuttavia momenti di gentilezza. Un episodio toccante è proprio quello del colloquio tra Souleymane e la funzionaria per l’ottenimento del permesso. È proprio qui che l’immigrato smette di recitare e torna se stesso confessando di non essere un perseguitato politico ma di trovarsi a Parigi per poter pagare le cure alla mamma malata.Il diritto di asilo politico è un diritto fondamentale, che offre protezione alle persone perseguitate nel loro Paese per motivi di razza, religione, opinioni politiche o semplicemente appartenenza ad un gruppo sociale. Una volta che la domanda viene accolta, viene rilasciato il permesso di lavorare e di accedere ai servizi sociali al richiedente.Nella realtà, come mostra anche il film, ottenerlo e vivere in una condizione prospera è tutt’altro che facile.

Il regista ci lascia con il fiato sospeso, perché non ci racconta se Souleymane riceverà il diritto d’asilo. Lojkine lascia così decidere il finale allo spettatore stesso, che dovrà fare la scelta in base alla propria coscienza. Il suo obiettivo è far riflettere il pubblico sul fatto che la legge può scontrarsi con i sogni degli immigrati e con la loro speranza di avere una vita migliore.

Monumento Fieschi: un’icona di storia e bellezza nel cuore di Genova

Di Carlotta Berni, Alice Moretti, Giovanni Porceddu, Francesco Repetto, Linda Simonotto, classe 3B

Il 29 novembre 2024 la classe 3B è stata accompagnata nel centro storico della città di Genova in visita al Museo Diocesano, uno spazio che un tempo fu la residenza dei canonici e dove ora vengono esposti gli oggetti appartenuti alla Diocesi della città. A questi si aggiunge il Monumento funebre di Luca Fieschi, storico membro della nobile famiglia genovese e cardinale di grande rilevanza per la storia e la cultura di Genova.

Uno spazio particolarmente interessante è stato quello dedicato alla Stanza dei mesi, stanza dove vivevano i canonici, ricoperta di affreschi che rappresentano il passaggio delle stagioni e le tradizioni popolari che lo accompagnano. Al suo interno è custodito un libro dei canti, un affascinante scritto religioso, decorato da un’immagine che rappresenta l’incontro tra due donne gravide, la Vergine Maria ed Elisabetta. Il contorno del capolettera è formato da un drago che dalle fauci fa uscire un elemento floreale invece del fuoco, ciò rappresenta il soffocamento del male e la nascita del bene. Successivamente abbiamo visitato la parte del museo dedicata al Monumento di Luca Fieschi.

 

Il monumento funebre è stato voluto dal cardinale stesso, che pochi giorni prima della sua morte convocò dei testamentari per esprimere le sue ultime volontà. Egli chiese che la sua salma fosse posta nella cattedrale di San Lorenzo, dietro l’altare, vicino alle ceneri di San Giovanni Battista, posizione che nessuno aveva mai ottenuto prima. Il monumento venne fatto costruire da scultori Pisani, commissionati da due dei sette eredi testamentari.

Originariamente si ergeva con un’altezza di circa 12m ed è composto alla base da quattro statue che rappresentano le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza temperanza. Sopra queste è presente un sarcofago raffigurante Gesù Cristo che mostra le sue piaghe agli apostoli, sul quale si poggia la statua della salma di Luca Fieschi, realizzata facendo il calco del viso del defunto. La salma viene sovrastata dalle statue di due angeli che sembrano aprire le tende di un sipario, in cima possiamo ancora vedere le statue della Madonna col Bambino, San Lorenzo e San Giovanni Battista, molto probabilmente erano presenti altre statue, ma purtroppo dopo la caduta della famiglia Fieschi il monumento ha subito diversi spostamenti e molti pezzi sono andati perduti.

Questa disposizione che si può ammirare all’interno del museo è frutto di un grande lavoro di restauro da parte degli studiosi, che si sono serviti delle poche fonti del Medioevo e inevitabilmente anche della loro creatività : basti pensare che per collocare il monumento nel luogo in cui si trova ora all’interno del museo Diocesano si è dovuto tagliare parte del pavimento del secondo piano, creando una balconata che permette di osservarlo da una posizione inedita.

Grazie alla rappresentazione teatrale di Pino Petruzzelli e di Valentina Messa a cui abbiamo successivamente assistito presso l’Auditorium Eugenio Montale, che alternava momenti narrativi e di ricostruzione storica a intermezzi musicali, abbiamo potuto ascoltare la storia della costruzione e del restauro del Monumento dedicato a Fieschi, rivendendone proiettate sullo sfondo le immagini anche nei suoi preziosi particolari.

Il Futuro dell’ istruzione è a portata di un click

Il progetto Campbus, organizzato dal Corriere della Sera, ha coinvolto scuole italiane in un’esperienza pratica su tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale. Gli studenti hanno creato video, podcast e interviste. Dopo la presentazione degli elaborati, il vincitore è il Liceo Classico Andrea D’Oria di Genova.

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