Dall’Orestea ai Mannon: ritratto della violenza familiare

La prima nazionale dello spettacolo “Il lutto si addice ad Elettra”

di Alexandra Delrio, Giulia Portalupi, Bianca Stefanelli, Federica Tanca e Chiara Torazza, 3B

La prima nazionale dello spettacolo Il lutto si addice ad Elettra’ di Eugene O’Neill, con la regia di David Livermore, propone un racconto che racchiude in sé temi come il complesso di Edipo e la riflessione sull’inevitabilità del destino, rievocando le stesse emozioni che muovevano gli eroi antichi.

Non possiamo definire questo spettacolo un adattamento del mito nel senso stretto del termine: scenografia, ambientazione temporale e sottotrame sono state completamente rielaborate, al punto da trasformare la tragedia classica in una vicenda parallela, ambientata in un contesto moderno, ma carico dello stesso πάθος dell’antichità.Colpisce come il mito si rifletta in questa nuova narrazione, capace di fondere l’antico pensiero classico con le dinamiche della società moderna.

Trama Il racconto è incentrato sul tradimento di Christine Mannon nei confronti di Ezra Mannon, che muore assassinato dalla sua stessa moglie.

Lavinia, figlia di Christine ed Ezra, e la madre hanno sempre avuto un rapporto conflittuale dovuto principalmente a due ragioni: il complesso di Elettra da cui è affetta Lavinia e la repulsione che Christine prova nei confronti del marito Ezra. Lavinia è invidiosa della madre e non sopporta di vederla tradire il padre con il capitano Adam Brant, il quale finge di essere innamorato della figlia per rendere la relazione tra i due ancora più insospettabile.

Christine, innamorata di Ezra da giovane, comincia a provare ripugnanza per lui dopo il matrimonio e i gesti che il marito considerava affettuosi vengono percepiti da lei come oppressivi, in alcuni casi perfino violenti. Lei detesta Lavinia poiché la vede soltanto come frutto di una violenza. Predilige invece il fratello Orin, nato in assenza di Ezra, il quale ha un rapporto morboso con la madre, tanto da anteporre i suoi desideri alla propria felicità in molte situazioni. Orin, ignaro di quello che sta accadendo nella sua famiglia, non ascolta Lavinia, nonostante i suoi continui avvertimenti su chi fosse realmente sua madre, completamente soggiogato dalle parole manipolatorie di Christine, disposta a tutto pur di fargli credere che la sorella stia mentendo e proteggere la sua relazione segreta con Adam Brant.

Rappresentazione teatrale O’Neill illustra l’influenza di queste dinamiche familiari opprimenti sulle relazioni amorose dei due fratelli Mannon: Lavinia si rifiuta di sposare Peter, innamorato di lei da molto tempo, e Orin considera fondamentale l’opinione di sua madre su Hazel, giovane follemente innamorata di lui.

Questi due personaggi, che rappresentano il coro, sembrano essere gli unici a riconoscere il malsano rapporto tra i membri della famiglia. Infatti i figli dei Mannon, in particolar modo Lavinia, diventano sempre più come i genitori. Il regista David Livermore rappresenta scenograficamente questa trasformazione: alla morte di Christine, Lavinia indossa un vestito quasi identico a quello della madre e Orin manifesta gli stessi desideri di avventura e, in parte, di libertà del padre. In uno dei momenti di crollo di Orin, Lavinia prova a calmarlo ricordandogli la natura malvagia della madre ma il fratello sembra stare per rivelare tutto alla fidanzata Hazel: scatta tra i due un bacio, metafora che racchiude tutta la disperazione e la rabbia dei personaggi. In quel momento sembra essere presente tutta la famiglia Mannon sul palco ed è sicuramente una delle scene più intense di tutta l’opera. Ripensando all’accaduto, Orin scrive tutta la storia dei Mannon con lo scopo di pubblicarla e rendere nota la colpevolezza della sorella. Inizialmente affida la storia a Hazel Niles, ma Lavinia, rimasta sola, si appropria del fascicolo, ritrovandosi schiacciata dal peso della maledizione familiare e decidendo di rinchiudersi nella casa dei Mannon per il resto dei suoi giorni, accettando il lutto come un destino inevitabile.

La psiche dei protagonisti è stata notevolmente approfondita rispetto all’Orestea: nei personaggi creati da O’Neill è presente una complessità psicologica strutturata. E’ stato interessante trovare le corrispondenze tra i componenti della famiglia Mannon e i personaggi eschilei. Lavinia, la figlia prediletta del padre e la più grande rivale della madre, è ispirata ad Elettra, mentre Orin riprende la figura di Oreste, Ezra Mannon quella di Agamennone, Christine quella di Clitemnestra e il capitano Brant quella di Egisto.

Attori e recitazione I due ruoli principali, Christine ed Ezra Mannon, sono interpretati rispettivamente da Elisabetta Pozzi e Paolo Pierobon. Entrambi hanno recitato in maniera avvincente, coinvolgendo tutto il pubblico sia con le parole che con i gesti. La figura di Christine è forse quella che rimane più impressa, proprio perché non offre spiegazioni facili: si muove tra desiderio, colpa e solitudine senza mai risultare del tutto trasparente. La sua lotta interiore tra dolore, rabbia e desiderio di libertà la rende un personaggio complicato e indimenticabile.

Paolo Pierobon offre un’interpretazione di grande potenza drammatica quando, in punto di morte, indica Christine come sua assassina. La recitazione migliore è stata senza alcun dubbio quella di Linda Gennari, nel ruolo di Lavinia, il cuore tormentato della tragedia: a fine spettacolo ha interpretato in modo eccellente la trasformazione della protagonista nella persona che più odiava, sua madre, imitando in modo quasi perfetto i gesti e persino la risata del personaggio di Elisabetta Pozzi.

La recitazione meno autentica è stata quella di Marco Foschi nel ruolo di Orin, appena tornato dalla guerra. L’attore ha recitato il ruolo di Oreste con molta foga, ma poca espressività, spesso in modo troppo dinamico e con toni che sembravano inadeguati al contesto.

“Il lutto si addice a Elettra” presenta un’atmosfera tesa che si respira dall’inizio alla fine. Non si può non restarne coinvolti: gli attori non si limitano ad interpretare una tragedia, la vivono. I personaggi non sono mai semplici da comprendere, non si lasciano classificare come “giusti” o “sbagliati”: ognuno porta con sé un peso di cui non riesce a liberarsi e proprio questa complessità li rende realistici. Anche quando vengono urlati, il dolore, il rancore e le dinamiche familiari non trovano mai davvero sfogo: restano irrisolti, come se nessuna voce fosse abbastanza forte da liberarli davvero.

Quest’opera diventa quindi un ponte tra due mondi, quello classico e quello contemporaneo, perché certi conflitti, quelli che interessano le relazioni più intime, possono essere comuni a tutti.Il lutto, in questo caso, non è solo perdita, ma una trasformazione per chi lo affronta, che può addirittura cambiare una persona radicalmente. “Il lutto si addice ad Elettra” è uno spettacolo che fa riflettere anche dopo che il sipario è stato calato.

Samuele Cornalba racconta ”Bagai”: un incontro tra realtà e immaginazione

di Gilda Agosti, Elena Giannelli, Matias Di Giacomo, Eleonora Malatesta, Federico Pellegrini e Chiara Torazza, 2B

Grazie al progetto “Leggo e incontro l’autore”, la nostra classe ha avuto l’opportunità di incontrare dal vivo Samuele Cornalba, giovane scrittore esordiente, che ha da poco pubblicato  il suo primo libro intitolato “Bagai”.

Il titolo, che in dialetto cremonese significa “ragazzi”, assume una doppia valenza: si riferisce ad Elia, il protagonista del racconto, che si trova in una fase di passaggio cruciale, l’ultimo anno di liceo, ma rappresenta anche in modo più ampio un’intera generazione di ragazzi di provincia.

Le vicende narrate sono ambientate a Pandino, un paese di novemila abitanti in provincia di Cremona, che è anche luogo natale dell’autore. Cornalba descrive questo contesto in modo autentico e personale, restituendo un ritratto riconoscibile della quotidianità in una realtà di provincia.

Prima ancora di iniziare a scrivere il racconto e di dare forma ai personaggi, Cornalba sapeva che avrebbe voluto trattare il tema dell’indifferenza. Questo si riflette soprattutto nel protagonista, Elia,che appare apatico e distante agli occhi degli altri e che, allo stesso tempo, si percepisce estraneo al mondo che lo circonda. Elia vive in uno stato di disorientamento: pur essendo all’ultimo anno di scuola superiore, non ha ancora idea di cosa voglia fare nel futuro.Attraverso di lui, l’autore mette in scena le incertezze e le paure che affliggono la sua generazione.

Elia si sente come bloccato in un “quasi”: è come se qualcosa gli mancasse per riuscire a entrare davvero in connessione con gli altri e provare empatia. La sua difficoltà a esprimersi e ad aprirsi è anche legata al dolore per la perdita della madre, un evento che ha segnato profondamente la sua crescita.

Il rapporto con il padre è complesso: lui e il figlio fanno fatica a condividere il profondo dolore che provano  e questo contribuisce ad alimentare quel senso di vuoto che Elia si porta dentro. Dopo la morte della madre, infatti, si trasferisce per un periodo a casa della zia, segno del legame fragile con il genitore rimasto.

Accanto a Elia ci sono altri personaggi significativi, come Camilla, una ragazza vivace ed espansiva, che affronta la vita con più entusiasmo e fiducia. Il suo incontro con Elia rappresenta un punto di svolta: attraverso di lei, lui inizia a mettere in discussione il proprio atteggiamento e ad aprirsi, anche se con fatica, a un cambiamento. Camilla incarna una possibilità diversa di vivere l’adolescenza, più propositiva e meno chiusa in se stessa, e il suo impatto su Elia è fondamentale per il percorso del protagonista.

Durante l’incontro, Samuele Cornalba si è mostrato molto disponibile e aperto al dialogo, rispondendo con sincerità e attenzione alle nostre domande. È stato interessante potersi  confrontare con un autore così giovane, con cui abbiamo sentito un immediata vicinanza, sia per età che per tematiche affrontate nel libro.

Questo incontro ci ha permesso di avvicinarci alla lettura contemporanea in modo più diretto e coinvolgente e per alcuni di noi è stato anche un’occasione per riflettere sul proprio futuro e sul valore della scrittura come forma di espressione personale.

 

Come si evolve il giornalismo: tra tradizione e innovazione

Incontro al D’Oria con Luigi Pastore

Di Alice Moscatelli, Angelica Addesi, Chiara Ravaschio, Malatesta Eleonora, Bianca Stefanelli, 2B e Agata Reggiardo, Emma Benvenuto, Chiara Flacco, 2D

Incontrare Luigi Pastore, capo redattore di Repubblica Genova, è stata una delle opportunità che abbiamo avuto quest’anno per capire  in che cosa consiste concretamente la professione del giornalista oggi.

In modo semplice e informale Pastore ha  risposto a quesiti e chiarito dubbi, illustrando anche i possibili percorsi che si possono intraprendere per arrivare ad esercitare la professione.

La formazione. Innanzitutto ci è stato spiegato come sia necessario seguire un percorso che combini pratica e teoria: la formazione teorica può avvenire attraverso scuole di giornalismo o corsi specializzati, dove si acquisiscono le competenze necessarie per svolgere al meglio il lavoro. Oltre a saper scrivere, è fondamentale avere anche competenze giuridiche o tecniche, per poter comprendere temi di vari ambiti. La competenza pratica viene acquisita principalmente in redazioni, dove i cronisti alle prime armi spesso si occupano di notizie di carattere locale e vengono seguiti da giornalisti  esperti. Corsi universitari come Scienze della Comunicazione e Scienze Politiche sono ottime scelte per chi desidera intraprendere la carriera di giornalista, ma anche una laurea in Lettere costituisce una solida base per questa professione.

Quotidiani on line. Con l’avvento della tecnologia molte persone hanno cominciato ad affidarsi al giornale online per rimanere sempre aggiornati. I lettori che utilizzano il sito gratuitamente possono consultare solo un numero limitato di articoli o una parte di essi, mentre gli abbonati hanno accesso completo ai contenuti, con la possibilità di effettuare ricerche e consultazioni più approfondite .Nella gestione di un quotidiano on line è importante conoscere il numero di persone che visualizza i vari articoli e  quanti sono gli  “utenti unici”, ovvero di chi si è collegato al sito più volte e questo avviene grazie all’utilizzo dell’applicazione Chart Beat, che fornisce informazioni sull’andamento di un giornale.

Un sito web di un giornale viene continuamente aggiornato con nuovi articoli, ma questa rapidità può aumentare il rischio di errori sia di battitura che di contenuto. Inoltre, una volta pubblicato, un articolo è difficile da rimuovere e può essere facilmente condiviso su altre piattaforme online. Un altro problema nella pubblicazione di un articolo online è quello del Copyright, che mette in difficoltà molte testate giornalistiche per la pubblicazione di foto e video.

La redazione. A questo punto dell’incontro ci siamo chiesti  come sia strutturata una redazione. Luigi Pastore ci ha illustrato come funziona quella di Repubblica Genova:  è composta da circa 12 persone, di cui 4 o 5 sono cronisti, che spesso si recano sui luoghi per raccogliere notizie e sono gli autori della maggior parte degli articoli; gli altri sono i deskisti, che dirigono, revisionano e confezionano il giornale. La sede di Repubblica,  la redazione centrale,  si trova a Roma, ed è composta da più di 300 persone. Con gli anni il mestiere del giornalista si è ampiamente evoluto e non comprende solo i giornalisti che compongono la redazione, ma racchiude anche figure come i freelancer.

Nonostante i cambiamenti che il giornalismo ha subito negli anni, l’importanza e lo scopo di questo lavoro sono rimasti gli stessi: informare in modo chiaro, preciso e responsabile. L’evoluzione tecnologica ha portato nuove opportunità, ma anche sfide, richiedendo ai giornalisti di adattarsi a un mondo sempre più veloce e interconnesso. La digitalizzazione ha trasformato il modo in cui le notizie vengono diffuse, ma il valore di un’informazione di qualità resta fondamentale.